Omelia XXV^ Domenica del Tempo Ordinario 23 Settembre 2018
In questa mia omelia mi limiterò a sottolineare alcune frasi del testo evangelico ascoltato. Parto dalla prima.
> Per la strada gli apostoli avevano discusso di chi tra loro fosse il grande.
Non è esattamente quel che accade a noi? Quante volte pensiamo: tra noi chi è il più bravo, il più capace, il più affascinante, il più cercato?
E questo modo di pensare è in fondo l’istinto primordiale del potere che si dirama ovunque: nelle famiglie, nelle partite sportive, nel gruppo degli amici, nella parrocchia, sul posto di lavoro.
Un tale istinto se non è tenuto a freno, distrugge le relazioni.
Il potere non è solo di chi ha molti soldi o di chi è al governo di una nazione, il potere è di chi sa di avere un certo influsso sulle persone che ha vicino.
E il rischio di chi ha potere, influsso, condizionamento è di dominare o approfittarne, non di fare il vero bene delle persone.
Quindi, chi di noi ha un talento o qualità, occhio a non farne un potere anziché un servizio.
Anche la bellezza e il saper parlare possono diventare una forma di potere.
Ora, nel Vangelo di questa domenica troviamo Gesù che annuncia il potere dell’amore, non l’amore per il potere. Egli contrappone all’amore per il potere un nuovo e diverso modo di vivere le relazioni.
Gesù è dell’idea che dove l’amore regna non c’è desiderio di potere ma di donare se stessi.
E vengo così alla seconda frase.
> Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti.
Ora, a chi di noi va di essere ultimo? E tuttavia, per il Vangelo, la mia grandezza consiste nel servire te, non nel servirmi di te.
Grande agli occhi di Dio non è chi usa la vita di altri per propri scopi ma chi ha per scopo la vita dell’altro.
Quanto siamo distanti dalla proposta evangelica.
Diciamocelo con franchezza: la nostra gioia è comandare, ottenere, possedere, ricevere complimenti, non certo essere servi.
E il servizio è ben descritto in queste parole di un santo: Di piccoli gesti di servizio è lastricata la strada che porta al paradiso.
Ma la frase di Gesù ha una parolina, tutti. Dice:
> Ma Gesù nella sua frase ha la parolina tutti: siate servi di tutti, dice.
Che vuol dire: siate servizievoli senza limiti di gruppo, di etnia, senza esclusioni, senza preferire gli amici ai lontani, i poveri buoni ai poveri cattivi,… Badate che nessuno prima di Cristo aveva mai detto simili cose. Cristo venne a dire parole mai pensate e mai dette.
> E vengo alla terza ed ultima espressione di Gesù: Preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».
Riassumo queste parole di Gesù così: dai bimbi s’impara.
Voglio raccontarvi un episodio che mi ha commosso quando l’ho sentito. Siamo in una 2^ elementare. La maestra chiede: Bimbi, che mestiere fa il vostro papà? E subito: “Il vigile del fuoco”, un altro: “Il muratore”, un altro ancora: “Il mio papà ha un ristorante”. E così altre risposte, finché non toccò a una bimba, Elisa, la quale stette in silenzio anziché rispondere. E la maestra: “Dai Elisa, dì cosa fa il tuo papà.” E lei come sotto sforzo, disse: “Io al mio babbo voglio tanto bene”.
Non riuscì a rispondere diversamente perché aveva il papà in carcere.
La maestra capì e nel ricomporre quel momento di disagio s’avvicinò a Elisa complimentandosi per la risposta.
Elisa infatti, 7 anni, aveva estratto dal suo cuore di bambina la migliore risposta. Per lei non contava quello che il papà faceva o dov’era, ma ciò che sentiva per il suo papà.
La sua fu una risposta che metteva al centro ciò che più conta in una persona, il cuore.
Ha proprio ragione la Bibbia nel dire: Dalla bocca dei bambini e dei lattanti escono cose mirabili.