Omelia XXIV^ Domenica del Tempo Ordinario 16 Settembre 2018
La gente, chi dice che io sia?
E subito dopo: E voi, chi dite che io sia?
Queste due domande di Gesù risuonate nel Vangelo di questa 3^ domenica di settembre ci invitano a verificare lo stato di salute del nostro rapporto con Gesù.
E ci fanno chiedere: Gesù nella mia vita è una priorità? Gesù è una mia scelta? Gesù è una fede?
> Ora, dico subito che un nostro rischio non è quello di rifiutare Gesù – non saremmo qui a Messa in questo momento - ma quello di collocare accanto a Gesù, persone, valori o cose rendendoli piccoli dei, idoli, al cui servizio ci mettiamo, togliendo così spazio all’unico e vero Signore della nostra vita, Gesù.
Da una parte diciamo credo in un solo Dio, di fatto lungo le nostre giornata sono altre le divinità a cui teniamo.
Non so se lo sappiate, per la religione ebraica niente è più detestabile del culto della personalità. Anche grandi figure, come Mosè o Isaia o Elia scompaiono innanzi a Colui di cui sono gli annunciatori.
Sentite quanto dice la Bibbia: Non avere altro Dio oltre a me. Non fabbricarti nessun idolo e non farti nessuna immagine di quello che è in cielo. Non devi adorare né rendere culto a cose di questo genere. Perché io e non altri sono il Signore tuo Dio. Bene, gli ebrei ci criticano perché a loro dire noi cristiani saremmo rimasti un po’ pagani: ci rivolgeremmo alla Madonna e ai santi come se fossero delle divinità, oscurando di fatto la centralità di Dio.
Se infatti andiamo a visitare luoghi di culto ebraici, non vediamo alcuna immagine o statue sulle pareti, proprio per significare che solo Dio è il primo, solo Dio è l’Assoluto, solo Dio non ha chi gli è alla pari né al di sopra. Ecco perché prima mi sono chiesto: Gesù nella mia vita è una priorità?
> Visto che il tema di questa domenica è la centralità di Gesù, mi soffermo su una cosa di cui si parla pochissimo: la vita di Gesù in casa a Nazareth fino a 30 anni. Vedete, tanti parlano di Gesù come se fosse esistito dai 30 anni in poi. Ma a 30 anni iniziò la sua vita pubblica, non la sua vita.
I suoi primi 30 anni ci furono e non furono anni sprecati.
Gesù è stato il messaggio di Dio per ogni uomo e donna in tutte le ore della sua vita, dai 30 anni in poi, ma anche prima, a 15/20/25 anni, quando lavorava nella bottega artigianale del padre Giuseppe. Ora, il fatto che si sappia pochissimo della
vita familiare di Gesù, non significa che questo periodo non contenga alcun messaggio per noi.
Un messaggio c’è e ora cerco di dirlo.
Il mestiere di Gesù quand’era ragazzo era il falegname, insieme al papà Giuseppe. Vi confesso che mi entusiasma sapere che Gesù passò 30 dei suoi 33 anni a fare tavoli. Ripeto, 30 su 33 ha sudato, ha piallato, ha piantato chiodi, ha riparato.
Gesù maturò la sua vocazione di Messia e Salvatore facendo il mestiere che faceva, come io trovo Dio nel fare il prete, come il prof. si realizza nell’insegnare, ecc…
Dunque, anche nell’ordinario, nella quotidianità, nelle cose più normali di ogni giorno si può e si deve gustare la compagnia di Dio.
Quindi, com’è il rapporto con tua moglie? E tu figlio come porti avanti i tuoi doveri? E nelle tue amicizie sei egoista o costruttivo? Metti amore in tutto quanto fai? Nelle relazioni curi i dettagli? Parlando con i ragazzi, spesso dico: è in casa che vien fuori chi sei davvero, è la tua quotidianità la cartina di tornasole che dice chi sei veramente.
Pertanto, il Gesù dei primi 30 anni ci lascia questo messaggio: non si misura la virtù di una persona dalla sua eccezionalità ma dal suo quotidiano.
I veri miracoli sono la luminosità del nostro quotidiano.
Non attendiamo circostanza straordinarie per fare del bene.
In tema di matrimonio ha detto qualcuno: Io ti amo per ricominciare ogni giorno ad amarti.
La religione consiste nel credere che tutto quello che ci accade è straordinariamente importante, perché? Perché non c’è nulla di non raggiunto dalla luce di Dio.
Signore, come ci ha suggerito il salmo responsoriale, aiutaci a camminare alla tua presenza ogni istante della nostra quotidianità.