Una bella mattina di fine luglio, 19 amanti della montagna sono partiti alle 05,00 per San Cassiano in Val Badia, a 1.530m s.l.m., già meta di numerosi campeggi. L’autostrada scorrevole, nonostante il week end di esodo per le vacanze estive, ci ha permesso di essere alle 9,00 a fare provviste dal mitico Franz.
Boom, sì proprio come il rumore dell’esplosione di una bomba: Massi si è dimenticato a casa gli scarponi e porta ai piedi scarpette da ginnastica leggere! Cosa fare? In queste condizioni NON può salire il sentiero…
Risolto il problema dei viveri e caricati negli zaini panini freschi con salume e formaggio, mettiamo “una pezza” anche alla situazione di Massi: le scarpette di Pietro, munite di una bella suola e un discreto carrarmato, vengono indossate da Massi. Speriamo bene…
Ci dirigiamo in auto verso la Capanna Alpina, a 1.889m, nostro punto di partenza per l’escursione. Il tempo di parcheggiare, scaricare l’attrezzatura e tentare senza successo di contattare la malga per la notte per avvisare del nostro ritardo, e… via!
Partiamo tutti “gasati” alle 09,30 e dopo 60 minuti arriviamo al rif. Scotoni, a 1.850m, bellissimo rifugio sito su un altipiano dove è posta una Chiesetta a ricordo dei caduti della Prima e Seconda Guerra Mondiale. Breve sosta per prendere fiato e ripartiamo per il lago Lagazuoi (2.180m), dove arriviamo alle 11,00, dopo aver superato un breve ma ripido sentiero. Osserviamo un bellissimo panorama, dove l’occhio può spaziare dalla Forcella del Lagazuoi al rifugio Lagazuoi, posto sul passo Falzarego al lato opposto alla Forcella. Dopo una breve sosta presso il lago e ricordato i bei tempi dei campeggi al Ru Blanch, cominciamo ad affrontare la dura e ripida salita che ci porta ai 2.657m della forcella del Lagazuoi. Salita fatta in silenzio, perché????? Perché manca il fiato a tutti, nessun escluso. Spira un vento gelido e Valerio guardando il suo orologio, che dà tutte le indicazioni riguardo a tempo, altezza ecc, borbotta: «fra due ore piove». Troviamo una buca, dove siamo al riparo dal vento, e cominciamo a lavorare di ganasce. Riprovo a chiamare Elisabet per informarla del nostro arrivo ma il telefono è ancora fuori uso. Una volta pranzato, fatto quattro chiacchiere e sistemato qualche cerotto per le vesciche, alle 14,00 siamo pronti per partire verso la Maga Fanes, dove ci immettiamo sul sentiero 11 che arriva dal Col della Locia. Lo spettacolo è bellissimo, camminiamo sopra un altopiano a 2.000m s.l.m. lungo 4 km tra le rupi delle Conturines e del gruppo Fanes. Alcune frane dividono l’altopiano in 4 conche, la prima tra i mughi, la seconda lungo il greto del Rio, la terza (plan de Sumorones), la quarta per pascolo lungo, giungendo quindi al passo Tadega o forcella de l’Ega (2.157m). Si prosegue sfilacciati fino alla Malga Fanes, dove dopo aver osservato lo splendido panorama dal ponticello sul rigagnolo, ci abbeveriamo alla fontana. Alcuni mi chiedono: «C’è ancora molto? Non possiamo dormire qui?». Prima di ripartire riprovo a chiamare Elisabet per avvertirla del nostro arrivo. Niente il telefono NON da segni di vita, che strano!.. Ripartiamo e ridendo, scherzando, guardandoci intorno, arriviamo al bellissimo lago Limo, 2.159m, e poi sopra al rifugio Fanes / Lavarella. Colpo d’occhio bellissimo, dicono i ragazzi… Io invece tutte le volte che arrivo in vista del rifugio resto deluso, forse perché un rifugio di montagna lo immagino sul picco invece il Fanes è sito in una conca della valle. Mauro e il Paglia partono in avanscoperta e si lanciano di corsa giù per il pendio e vanno diretti alla piccola Malga dove ceneremo e dormiremo. Approfittando di tutte le scorciatoie, arriviamo in un attimo davanti al Fanes, i ragazzi sono tentati di fare una sosta, ma dico loro che ancora 5 minuti poi saremo arrivati, allora, sebbene a malincuore, specialmente Fabio, molto provato dalla fatica, continuiamo e arriviamo in vista della piccola malga. Dopo aver superato il ponte, e giunti al bivio col sentiero che porta al rif. Lavarella, ci vediamo venire incontro Mauro, scuro in volto.
«Cosa è successo?» chiediamo appena siamo vicini.
«Dobbiamo dividerci in due gruppi per dormire.»
«Lo so – rispondo - i tre vecchietti andranno a dormire da soli, mentre la gioventù resta unita.»
«NO! - risponde Mauro - 12 di noi verranno portati in macchina alla Malga Fanes.» (quella dove abbiamo bevuto alla fontana circa 90 minuti fa!!)
«NOOOO, è uno scherzo!!» Magari fosse uno scherzo... Arrivati alla malga, contatto subito la signora Elisabet, la quale mi conferma che 12 di noi devono andare a dormire alla Malga Fanes, accenno a una piccola contestazione, poi ci mollo, non voglio correre il rischio di essere buttato fuori, anche se la ragione è dalla nostra parte. Andrea, invece, va giù duro con la signora e gli dice in faccia quello che pensa.
Pazienza… decidiamo che le donne (Roberta, Giulia, Giovanna, Chiara) con Nicola, Fabio, che è a pezzi, e Mauro, restano alla piccola malga, mentre io, Valerio e il resto della gioventù andremo a dormire alla Malga Fanes. Cena a mio avviso tutto sommato ottima, condita da molte risate. Il gruppo è in forma, peccato dividerci. Alle 22,00 Giuseppe, il gestore chiama i primi 4 (io, Valerio, Paolo, Giovanni) e via a tutto gas verso la Malga Fanes. Arrivati a 1 km dalla malga ci chiede se possiamo scendere e andare a piedi, così ha più tempo per portare gli altri. Accettiamo a patto, dice VALERIO, che ci porti giù almeno altre due curve. Scesi, estraiamo le nostre pile e, ridendo e scherzando, ci avviamo verso la malga. Tutto sommato è una bella e NUOVA esperienza: in 50 anni non mi era MAI successa una cosa del genere, mi spiace tanto per la compagnia. Dopo circa 20 minuti siamo tutti e 12 dentro i legni della malga, il posto è accogliente e la camerata ci sembra asciutta. Sistemiamo i letti e dopo i canonici 20 minuti di risate, piomba il silenzio, un fiacchissimo “Buonanotte” segna l’assoluto silenzio………… rotto dopo 1 ora dal russare e RUSSSAAREEE di Pier, che ha deciso di tagliare con la motosega tutte le piante e piantine site intorno al rifugio! Sorrido in silenzio, perché nessuno si lamenta: dormono tutti e questo è un bel segno.
Ripasso la giornata e per me la conclusione è ottima. I ragazzi si sono divertiti, le vesciche del Paglia e Matteo sembrano scomparse e Fabio spero stia riposando. Dormo fino alle 02,30 poi sonnecchio fino alle 06,00 quando mi alzo per andare a vedere l’alba. Sto per chiamare Paolo, ma è già sveglio e pronto per uscire. L’alba non è granchè: l’unica nota lieta la vista della Marmolada illuminata e Paolo non si lascia sfuggire l’occasione per fare una bellissima foto.
Alle 07,30 siamo tutti giù pronti per fare colazione per poi andare all’appuntamento con il resto della compagnia davanti al rif. Fanes. Colazione ottima come quantità, bontà, e anche con una grande disponibilità della signora che gestisce la malga: davvero gentilissima, cerca anche di scusare la collega dell’altra malaga per l’inconveniente.
Ci ritroviamo alle 09,00 presso il rif. Fanes e subito in marcia verso il rif Lavarella, che superiamo di slancio per imboccare veloci il sentiero 12 che ci accompagnerà per quasi tutta la giornata. Dopo un tratto di bosco e terreno erboso, arriviamo al Munt de Pices Fanes, poi proseguiamo sulle ghiaie della Stiga e del Sass dai Bac’, dove ci voltiamo ad ammirare il panorama sotto di noi e restiamoa bocca aperta. Numerosi gli scatti delle macchine fotografiche. Poi per circa 1 ora e trenta si cammina tra rocce e tane di marmotte (ne abbiamo avvistate molte), per giungere finalmente (dice Fabio) alla famosa forcella ed Medesc a 2.533m s.l.m.. Lo spettacolo che si presenta ai nostri occhi non è descrivibile, bisogna solo vederlo e ringraziare colui che l’ha creato. Sono sicuro che i ragazzi in cuor loro hanno ringraziato il buon Dio per tutto questo. La compagnia alla vista del ghiaione è in agitazione, alcuni chiedono di scendere subito senza pranzare, ma la saggezza degli esperti Valerio e Mauro, calmano gli animi e ci gustiamo un ottimo pranzo al sacco con contorno di Guglie e canaloni bellissimi.
L’unico che NON gusta il cibo è Fabio.
«Giorgio – dice - io di lì NON scendo!»
«Bene – rispondo - allora torniamo indietro?»
Mi guarda con occhi allucinati… «Indietro? Sei pazzo? Ok, ho deciso: scenderò con te se mi tieni per mano.»
Mentre i ragazzi si divertivano come matti in mezzo al sabbione del canalone, io, aiutato dall’amico Valerio, con Fabio per mano, piano piano siamo scesi a San Cassiano, senza intoppi.
Recuperate le auto, siamo partiti per Calerno, dove siamo arrivati verso le 22,00.
Senza l’inconveniente del dormire separati, si potrebbe definire una giornata indimenticabile.
La montagna diventa una terapia per la mente e tu lo sperimenti ogni volta tornando a casa più sereno, trovando che hai fatto pulizia nella testa e ritorni come messo a nuovo. E’ come se le difficoltà incontrate ti abbiano reso più forte e capace di affrontare il resto.
Ma l’esperienza di condivisione e fraternità più emozionante è l’arrivo in vetta o al rifugio. Per un attimo stai ancora in silenzio, con il respiro ancora grosso e pensi che ce l’hai fatta anche se in qualche momento avevi pensato di cedere e di maledire il momento di aver accettato di partire. Ecco che gli amici ti vengono incontro, ti abbracciano, ti stringono forte la mano, i complimenti sono reciproci così come qualche volta le lacrime. In quella stretta di mano passano mille parole difficili da esprimere, mille pensieri e sentimenti affollano la testa: c’è la gioia infinita per la meta raggiunta, c’è la consapevolezza di aver vinto la fatica, la paura (vero Fabio?), l’incertezza, senti la sicurezza che ti offre l’obbiettivo raggiunto e ti senti forte come non mai. Fa bene allo spirito arrivare alla mèta!
Ma la montagna è anche natura: fiori, alberi, animali e ogni incontro è una sorpresa. L’incontro con un animale è quello che cerchi e speri di più: un camoscio, un cerbiatto, una lepre, una marmotta… ma è raro e perciò più esaltante quando succede.
Però riesci ad incantarti davanti ad una farfalla, che apre e chiude le sue coloratissime ali o a un prato fiorito di mille colori o davanti a una stella alpina.
Poi ci sono i colori delle albe e dei tramonti, il colore del sole che si abbassa sull’orizzonte e illumina il paesaggio con una particolare luce radente. Qualche goccia di pioggia che ti costringe a tirar fuori dallo zaino la mantellina.
E, infine, ci sono le stelle! Il cielo stellato visto da un rifugio in estate è un manto di velluto blu illuminato da mille infinite piccole luci; le stelle sono davvero infinite e infinitamente lontane e vicine, viste da lassù: lo abbiamo ammirato mentre a piedi ci avvicinavamo alla Malga Fanes.
Poi ritorni sulla terra e non puoi evitare di considerare con amarezza come l’uomo, nella sua piccola e breve esistenza, non abbia niente di meglio da fare che affannarsi a sopraffare gli altri, ad accumulare ricchezze e potere e ti domandi perché non riesca a vedere al di là di sé e del suo piccolo, striminzito metro quadrato di mondo. Ma non trovi, ovviamente, risposte.
Alla fine, c’è il ritorno a casa, porti negli occhi, nella testa, nel profondo del tuo essere, tutto ciò che hai visto e provato; ti senti ricco di emozioni, di esperienze e forte dentro, al contrario dei tuoi muscoli che ora aspettano un po’ di riposo.
Ho notato una grande amicizia tra i ragazzi e una grande disponibilità verso l’amico in difficoltà. Prego il Buon Dio perché tutto questo NON finisca con il ritorno a Calerno, ma continui e si allarghi tra gli altri ragazzi.
Grazie di avermi portato con Voi.
Il vecio Giorgio
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Niente campeggio quest'anno, quindi ci voleva proprio un bel week end in compagnia in un rifugio... Davvero due splendide giornate...
I momenti più fantastici di questa esperienza? Beh innanzitutto la faccia di Pier per le prime sei ore di sabato, le telefonate al Paglia, gli scarponi di Massi, “un giorno 4 euro, due giorni... ci sta ancora pensando!”, la salita iniziale (“cavolo se è tutto così, eh Fabio?”), “quanto manca Mauro?”, le varie opinioni sul wrestling, il Moro che ha battezzato, le ciabatte del Paglia, (“ah Paglia ce l'hai per caso l'acquario?”, “ma voi a Parma dite: set e tri undes o set e tri undos?”), i ricordi dei vecchi campeggi, il grande Beppe che quella strada non la fa tanto spesso, i commenti di Vally (del tipo “ocho alla curva eh?”), quei famosi 500m, il pigiamino di Pier, Winter, il mio tranquillo vicino di letto, quella graziosa sinfonia a 3 voci che ci ha accompagnato nella notte... le marmotte di Mauro, la Forcella ed Medes, il SUPER GHIAIONE, “magari c'avessi la bronchite a casa a letto, eh Fabio?”, l'indispensabile pallone-scoreggione di eBay... e si potrebbe andare avanti ancora per molto... ma preferisco tacere riguardo a tutti le battute, le chiacchiere e le risate di questi due giorni eccezionali, così come è stato bello parlarne in quei momenti...
Per concludere, grazie a tutti quelli che hanno organizzato la camminata e a tutti quelli che sono venuti a portare la loro compagnia e la loro simpatia. Alla prossima!!! (Paolo♫)
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COME OGNI ANNO, LA MONTAGNA STUPISCE...
... per il paesaggio, che passa da una fresca pineta ad un terreno brullo e roccioso, per l'aria fresca che ti circonda, per quelle viste che trovi solo nelle cartoline. Un'altra cosa però, durante questi due giorni, mi ha stupito e fatto sorridere.
Sera in rifugio, il clima è caldo (dopo un piattone di pasta si ragiona sicuramente meglio) e abbondano chiacchiere, risate, barzellette. Ad un certo punto, Giorgio inizia a raccontare: episodi di campeggi passati, avventure con i bimbi, camminate particolari, scherzi fatti e subiti. E non appena Giorgio dimentica qualcosa, un particolare, un nome, una località, subito la voce di Valerio a completare il racconto o ad aggiungere il nome mancante (alla faccia dei gemelli Weasley).
A sentir raccontare i due mi è venuto in mente quando anche io e i miei amici, ogni tanto, iniziamo a ricordare gli avvenimenti memorabili accaduti nei campeggi passati: scherzi, camminate, frasi, nottate, spaventi, albe al rifugio... Certo cose sentite e risentite, ma che come ho potuto piacevolmente constatare, cose di cui non ci si stanca mai di raccontare, nè a 17 nè a 60 anni.
Come ogni anno, la montagna stupisce. E unisce. (Chiara)
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Giro fantastico! Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno preso parte a questi due giorni in montagna, prima di tutto le persone che hanno organizzato, ma anche tutte le persone che con la loro partecipazione ci hanno permesso di passare due splendidi giorni in compagnia. Secondo me questo giro non è stato solo bello per i fantastici luoghi che abbiamo visitato, ma, in un anno nel quale non siamo riusciti a organizzare il campeggio, ci ha ricordato perchè il campeggio è sempre stato così speciale per tutti noi: ci siamo allontanati da tutti i pensieri che avevamo a casa concentrandoci unicamente su quei due giorni che avremmo trascorso in compagnia, abbiamo conosciuto nuove persone e ci siamo divertiti insieme in un modo diverso dai soliti incontri quotidiani, abbiamo faticato, ci siamo aiutati e alla fine siamo arrivati soddisfatti alla meta, ognuno forte di una nuova esperienza, tutto nel vero spirito da campeggio. Giro fantastico! (Pietro)
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Non sono tanti quelli che accolgono con entusiasmo la proposta di un fine-settimana in montagna, perchè la montagna significa (anche) fare fatica, una parola che non è proprio un sinonimo di "vacanza". Sembra una cosa per specialisti, per appassionati, per quei masochisti che la fatica la cercano e che riescono inspiegabilmente ad apprezzare più due montagne grigie di un bel mare piatto con l'acqua trasparente.
Il bello di un giro così però va molto al di là della soddisfazione di essere arrivati alla meta, dello stupore davanti ai paesaggi mozzafiato: le cose che mi sono rimaste di più, quelle che mi vengono in mente ripensando a questo weekend sono state prima di tutto le conversazioni avute con persone che non hai la possibilità di incontrare tutti i giorni, e con cui non hai mai la possibilità di condividere quella fatica che ci fa "aprire" agli altri e ci fa venire fuori per quello che siamo.
Ringrazio i miei 18 compagni di spedizione e invito tutti quelli che mancavano a non lasciarsi sfuggire l'occasione di un prossimo giro! (Giò)
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Fa un certo effetto rivedere la mitica casa “Frosin” e i luoghi del mio primo campeggio in montagna, nell’estate del 2007. Tanti bei ricordi che tornano alla mente e a cui si aggiungono le immagini e le sensazioni di questo splendido giro. E’ un peccato che molti genitori fatichino a comprendere quale esperienza stupenda rappresenti un campeggio in montagna per i propri figli, e come possa lasciare ricordi indelebili di amicizia, gioia e vita insieme. Mi auguro che molti di loro, leggendo i commenti di questi ragazzi, si convincano che la Parrocchia non può rimanere un altro anno senza il campeggio estivo… (Andrea)
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E' confortante vedere che a 10 anni di distanza certe cose sono rimaste le stesse.
Sei insignificante rispetto alle montagne ma fatta la forcella ti senti un portento,
gli indovinelli fan dimenticare la fatica,
in pullmino si canta, la notte c'è sempre qualcuno che russa e impedisce agli altri di dormire,
il rifugio è dietro la curva e certi compagni di sentiero sono ancora lì con te. (Giulia)
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