Don Lao si è sempre speso molto per le scuole materne parrocchiali ed in particolare per la nostra scuola San Vincenzo. Spesso ci invitava a dare un contributo per sostenere questa importante opera che arricchisce tutta la comunità.
Ebbene, come ogni anno è tempo di dichiarazione dei redditi e oltre alla facoltà di devolvere l’8‰ dell’IRPEF alla Chiesa Cattolica, è possibile destinare il 5‰ ad organizzazioni non lucrative di utilità sociale come la nostra 

Scuola Materna Parrocchiale San Vincenzo.

 

Per destinare il 5‰ dell’IRPEF alla nostra Scuola Materna, che nonostante le difficoltà dal 1910 svolge un'importante funzione sociale nella nostra piccola frazione, basta firmare nell'apposito riquadro del CUD 2019, del modello 730/2019 redditi 2018, o del Modello Unico Persone Fisiche 2019, e riportare nell'apposito spazio il codice fiscale 

80014430351.

 
 

Importante! Le scelte di destinazione dell’8‰ e del 5‰ dell’IRPEF non sono in alcun modo alternative fra loro, pertanto possono essere espresse entrambe. Inoltre non comportano nessun aggravio di spesa per il contribuente.

 

Omelia di Domenica 8 Maggio 2022 - IV Domenica del Tempo di Pasqua, Anno C

Abbiamo appena ascoltato la bella pagina di vangelo in cui Gesù paragona se stesso ad un pastore e noi cristiani al suo amato gregge. E pure il versetto dell’alleluia ci ha detto: Io sono il buon pastore conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me. Nel Vangelo di Giovanni, qualche riga prima del nostro brano evangelico, Gesù precisa: il pastore chiama le pecore una ad una. Mi son detto: non fan così anche i papà e le mamme con i figli?

Omelia di Domenica 1 Maggio 2022 - Tempo di Pasqua, Anno C

Il Vangelo di questa domenica è come un bel prato verde dove qua e là ci sono fiori molto belli. Non potendo per motivi di tempo, coglierli tutto, ne colgo uno. Si tratta del grido con cui l’apostolo Giovanni riconobbe nell’uomo che stava sulle rive del lago, Gesù. E’ il Signore, così grida. Si tratta di un’esclamazione spontanea, immediata, che contiene tutto. Io credo che finché non esce anche da noi il grido è il Signore! Cioè, E’ Lui! E’ Lui che è qui con me ora!, manca qualcosa alla nostra fede.

Omelia di Domenica 24 Aprile 2022 - Tempo di Pasqua, Anno C

Puntualmente, ogni anno, il Vangelo della domenica dopo Pasqua ci fa riflettere su Tommaso, che io chiamo l’apostolo dal coraggio delle proprie idee. Gli apostoli non erano un gruppo omogeneo, Tommaso ad esempio si distingueva perché amava pensare con la sua testa, dire la sua apertamente, a costo di rimanere isolato dagli altri. E’ proprio questo aspetto di lui che voglio approfondire.
Il testo evangelico inizia così: erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per paura dei Giudei. Ciò significa che gli apostoli, in quel giorno di Pasqua, erano ancora una comunità chiusa, impaurita, a porte sbarrate. Con l’eccezione di Tommaso. Lui no, lui andava e veniva, infatti quando arrivò Gesù lui non c’era.

Omelia di Domenica 17 Aprile 2022 - Domenica di Pasqua

Il centro della Pasqua è la resurrezione di Gesù, ma a mio parere il ritorno in vita di Gesù non è stata la cosa più sorprendente. E mi spiego: è di Dio fare cose impossibili all’uomo, tipo la resurrezione. Invece ciò che non finisce di stupirmi è il modo in cui Gesù, da risorto, s’è presentato alle varie persone. Un modo che ha mostrato come il suo amore verso coloro che furono stati sleali con lui nei giorni prima, era rimasto intatto. Ecco perché il titolo che dò alla mia omelia di Pasqua è: Resurrezione, ovvero non prendersela. Ammettiamolo: dopo che abbiamo subito oltraggi e insulti non affiora in noi l’istinto di farla pagare a chi ci ha fatto soffrire?

Omelia di Sabato 16 Aprile 2022 - Sabato Santo

Una lettura attenta del vangelo, là dove parla di Gesù risorto, fa sorgere una domanda: perché Gesù non ha sentito il bisogno di gesti appariscenti e straordinari, capaci di far sapere a quanti più possibile che era risorto da morte? E’ una domanda legittima visto che tutto l’agire di Gesù, risorto da morte, fu un agire dimesso, senza proclami di nessun genere. Di più: in tutti gli incontri che ebbe, nessuno lo riconobbe subito. M. Maddalena lo confuse con un giardiniere, gli apostoli lo presero per un pescatore importuno (Gv. 21), i due discepoli di Emmaus le presero per il più ignaro degli abitanti di Gerusalemme, di Tommaso sappiamo la gran fatica che fece per arrivare a riconoscerlo. Mi chiedo: ma perché Gesù, insieme ai suoi apostoli, non organizzò un evento pubblico, in cui poter proclamare a chiare lettere: sono qui, sono io, sono risorto. Avvicinatevi e toccatemi pure. Perché invece adottò tanta riluttanza a evidenziare, con la massima chiarezza e semmai con qualche effetto speciale, la risurrezione? Perché tanto pudore? Io non ho la risposta, mi fido però di Gesù che se apparve soltanto qualche volta e comunicò con poca loquacità, una ragione buona certamente l’aveva.

Omelia di Venerdì 15 Aprile 2022 - Venerdì Santo

Quando ero studente di teologia, i miei proff. di Sacra Scrittura ci dicevano: Ragazzi, per capire bene il racconto della passione e morte di Gesù dovete mettervi nei panni dei vari protagonisti e chiedervi: in quale dei personaggi posso identificarmi? Se Pietro ha fatto così, non sono anch’io un po' come lui? Oppure, se Giuda o se Pilato o se il Cireneo hanno agito in quel modo, c’è forse in me qualcosa di Giuda o di Pilato o del Cireneo? Bene, in obbedienza a questo suggerimento, ho pensato: nelle ultime ore di vita di Gesù, c’è stato un uomo a cui di solito non si dà peso e che passa sotto silenzio: è Giuseppe d’Arimatea. Ebbene, in questo venerdì santo 2022, perché non proviamo a confrontarci con lui, lasciandoci interpellare dalla sua figura? Il Vangelo di lui ha detto: Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù.

Le parole che ci interessano sono era discepolo di Gesù, ma di nascosto. Ho detto: questo tratto di Giuseppe è forse anche in me? E ho aggiunto: un pericolo di oggi è proprio quello di essere discepoli di Gesù ma di  nascosto. Il pluralismo di idee e di religioni e la scristianizzazione in atto da tempo, stanno rendendo tanti di noi ‘discepoli nascosti’, come Giuseppe. Quand’ero ragazzo si parlava di ‘rispetto umano’ e con questa espressione si alludeva, sì, una cosa buona (il rispetto), ma al punto (e qui si cadeva nell’errore) di giungere a rinunziare ad esprimere il proprio pensiero o la propria identità per paura di essere giudicati, derisi e rifiutati dagli altri. Ecco Giuseppe d’Arimatea e tanti di noi: siamo seguaci di Gesù, ma interiormente e non in pubblico, per non avere opposizioni o discriminazioni o un calo di popolarità. Oggi poi al pericolo di essere discepoli di nascosto si unisce quello di essere discepoli sbiaditi, opachi, irrilevanti, non incisivi. Io ritengo che come cristiani sia preferibile essere contestati che essere irrilevanti. Diceva l’altro giorno il nostro nuovo vescovo: più che efficienti, siate efficaci. Credo che il segreto per essere così sia tornare come dice S. Paolo a lasciarsi riconquistare e riafferrare dalla persona di Gesù. E’ il motivo che ci ha portato ad essere qui sta sera.

 

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