Omelia di Domenica 29 Dicembre 2019 - Santa Famiglia, Anno A

Il presepio è sostanzialmente un quadretto familiare: c’è un papà (Giuseppe), una mamma (Maria) e un bimbo (Gesù). E’ questa la ragione che ha indotto la Chiesa a collocare vicino al Natale la festa della famiglia di Nazareth. Il Vangelo ci ha narrato quell’episodio che vide tutti e 3 - Maria. Giuseppe e Gesù - fare l’esperienza dell’essere profughi in Egitto. Pensate, pure la santa famiglia, al pari dei tanti profughi e migranti del nostro tempo, fece l’esperienza della fuga dalle proprie terre e del dovere migrare per trovare in luogo dove abitare. Questa è dunque una domenica, che ci invita a riflettere sul valore della famiglia, a partire dalla famiglia più speciale della storia, quella di Gesù. Parto con 2 domande.

Omelia nel giorno di Natale

Se a tutti noi fosse bastato il Natale dei negozi, non saremmo qui a Messa, saremmo rimasti là dove sono i regali. Il vero Natale invece lo si celebra come stiamo facendo noi adesso e come sta facendo in questo momento tutto il popolo cristiano, sparso in ogni angolo della terra. Il vero Natale è la celebrazione del più bel gesto di Dio verso l’umanità, il dono del suo figlio Gesù. Gesù dunque è venuto, ma è stato accolto? A questa domanda ho risposto la lettura del Vangelo: Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio. Il Natale è una storia di accoglienza. Ogni nascita è un’accoglienza. Noi tutti siamo vivi grazie all’accoglienza di una madre che ci ha offerto il suo grembo e che ci ha curato quando, neonati, non sapevamo che piangere. Una storia di accoglienza è anche il matrimonio: Io accolgo te, dicono i due sposi. Potrei dire: accogliere = voce del verbo vivere. Lo dicevo questa notte: Noi siamo quel che siamo, in base ad un’infanzia di amore o di rifiuto che abbiamo avuto.

Omelia del 24 dicembre 2019 - Messa di mezzanotte

Nella vita di S. Antonio abate si racconta che il santo, ormai prossimo alla morte, chiamò vicino a sé 2 suoi discepoli e tra le diverse cose, disse loro: Respirate sempre Cristo. Voi direte: che c’entrano queste parole con la notte di Natale che stiamo vivendo? C’entrano, credetemi. Riflettiamo un attimo: una delle cose più inseparabili da noi è il respiro, al punto che a non respirare più, si muore. Vivere è respirare e se si vive è perché si respira. Bene, l’ingresso del Figlio di Dio nel mondo lo portò a rimanere inseparabilmente unito a noi, proprio come inseparabile da noi è il respiro. Il Natale è Gesù venuto tra noi per non separarsi più da noi. Tra poco la liturgia ci farà sentire le parole per Cristo, con Cristo e in Cristo: sono parole dal sapore natalizio, perché? Perché Gesù è venuto per aiutarci ad essere per Lui, con Lui e in Lui e Lui a sua volta per noi, con noi e in noi. Quindi, l’immagine del respiro di S. Antonio non solo non è fuori luogo, è illuminante Gesù è interno a noi come interno a noi è il respiro e, come il respiro, ci mantiene vivi, ispirati e motivati. Uno dei titoli natalizi di Gesù è Emmanuele, nome che alla lettera vuol dire Dio con noi.

Omelia di Domenica 22 dicembre 2019 - IV Domenica di Avvento

Di Giuseppe, il padre di Gesù, il Vangelo parla pochissimo e anche là dove ne parla, egli non dice una parola (v. il brano che abbiamo appena ascoltato). E però il nostro brano dice una cosa di lui sulla quale vorrei riflettere con voi questa mattina: era un uomo giusto, così dice il testo. Mi son chiesto: essere giusti alla maniera di Giuseppe cosa vuol dire? Giuseppe era un giusto prima di tutto e principalmente verso Dio. E quando si è giusti con Dio si diviene giusti con tutti. Era molto sensibile a tutto ciò che si doveva a Dio, a tutto ciò che spettava a Dio. Per Giuseppe se c’era qualcosa da sottrarre, mai lo si doveva sottrarre dai propri doveri verso Dio. Il suo pensiero era questo: se Dio è Dio, va trattato da Dio, cioè da n°1, da riferimento primo e ultimo per tutto ciò che facciamo. Ecco allora alcune domande per noi: siamo giusti verso Dio? A Dio cosa diamo? Come diamo? Quanto con Lui stiamo? Se Gesù un giorno disse date a Dio quel che è di Dio, quanto del mio tempo, del mio pregare, del mio cuore, delle mie azioni è per Lui?

Omelia di Domenica 15 dicembre 2019 - III Domenica di Avvento
Messa del ritiro spirituale di Bibbiano

Sei tu quello che deve venire o dobbiamo attendere un altro? E’ la domanda che il Vangelo ci ha appena fatto ascoltare: la pose Giovanni Battista a riguardo di Gesù. Gesù rispose descrivendo il tanto bene che stava facendo alle persone. Cito testualmente: Giovanni, guarda: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. Con questa risposta, Gesù volle far capire due cose: che Lui era il Messia e che compito del Messia era far star meglio le persone. Gesù, facendo questo elenco di persone con problemi, da lui soccorse, è come se avesse detto: Io sono venuto nel mondo per farvi star bene, per farvi star meglio. E’ proprio così: dove il Signore passa e tocca, guarisce, porta vita e fioritura. Sta a noi cristiani prolungare questi gesti di Gesù. Ha scritto il Papa nell’Evangelii gaudium: Se io riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificare il dono della mia vita.  E don Milani: Quando avrai perso la testa, come l’ho persa io, dietro poche decine di creature, troverai Dio come un premio.
Gesù, dicendo a Giovanni che i ciechi riacquistano la vista, i sordi odono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i morti risuscitano, volle dire: Giovanni, sappilo: chi torna a casa dopo essere stato con me, si trova guarito nello sguardo, resuscitato dalle sue cadute, non più storpio nel cammino della vita, non più sordo nell’ascolto di Dio e degli altri. Portiamo a casa da questa Messa questa risposta di Gesù al Battista, che io traduco in questo modo:

Io, Gesù, sono venuto per voi. Voi chiaramente siete liberi di accogliermi, sappiate però che voi
siete la ragione del mio essere venuto nel mondo. Sono a vostra disposizione per servire la
vostra felicità e i vostri sogni.

 

Omelia di Domenica 8 dicembre 2019 - Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria

L’angelo Gabriele fu mandato da Dio a una vergine, di nome Maria. Così inizia il Vangelo di questa domenica. Credetemi, la visita di un Angelo non fu una prerogativa solo di Maria. Pure a noi può giungere, anzi giunge, un Angelo. E però un angelo può visitarci solo quando come Maria abbiamo il cuore ben disposto, umile, accogliente. Ciascuno ha il proprio Angelo, può cioè godere di una compagnia rassicurante. E’ importante questa cosa: Dio colloca nella vita di ognuno un prete o un genitore o uno zio o un nonno o una suora o un amico o un insegnante o un educatore, il cui esempio e la cui parola sono una luce, una grazia, una benedizione, una speranza… un Angelo. Poniamoci allora, tutti, 2 domande: 1) qual è l’Angelo che Dio ha posto accanto a me e che per me è una provvidenza? 2) Qual è il tipo di Angelo di cui abbiamo tanto bisogno? A questa 2a domanda rispondo così: ci occorre un angelo del silenzio, un angelo della parola buona, un angelo povero e un angelo liberatore.

Omelie di Domenica 24 Novembre 2019 - Re dell'Universo, Anno C

 

Messa delle 9:00 di Calerno

Il Vangelo di questa domenica descrive una scena per nulla gradevole: ci porta sul monte Calvario dove ci sono 3 croci, a cui sono appesi Gesù e 2 malfattori. E come abbiamo sentito, Gesù chiuse la sua esistenza terrena compiendo 3 cose significative: morì perdonando, morì regalando il Paradiso a un delinquente, morì in compagnia di due peccatori. Potremmo anche dire così: l’ultimo atto di Gesù prima di morire fu un gesto di perdono; l’ultima compagnia di Gesù prima di morire fu quella di 2 delinquenti; l’ultima parola di Gesù prima di morire fu una dichiarazione che vorremmo sentirci tutti rivolgere (Oggi stesso sarai con me in Paradiso). Possiamo cogliere in queste 3 cose di Gesù un programma di vita per ciascuno di noi. Di questo episodio ora faccio qualche sottolineatura.

Omelia di Domenica 17 Novembre 2019 - XXXIII del Tempo Ordinario

Ci colpiscono, e molto, le parole catastrofiche del Vangelo di questa S. Messa. Interpellato sulle sorti della città di Gerusalemme, Gesù prende spunto dalla fine ingloriosa di questa città per descrivere la fine del mondo. E lo fa ricorrendo alle categorie apocalittiche del tempo, le quali se da una parte non vanno prese alla lettera, dall’altra il messaggio forte che contengono, è da cogliere. Su una frase in particolare vorrei riflettere: nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Che vuol dire: ciascuno di noi è talmente prezioso agli occhi di Dio, che fin ogni nostro capello è importante. Il messaggio è chiaro: davanti a Dio non siamo un numero, ma un volto. Se per l’amministrazione pubblica siamo un codice fiscale, davanti a Dio siamo pezzi unici, irrepetibili e insostituibili. Il tu con cui Dio si rivolge a noi non lo adopera con nessun altro, con la stessa gradazione e intimità. Tre esempi ci aiutano a capire.

 

Omelia di Domenica 10 Novembre 2019 - XXXII del Tempo Ordinario

Anche ai tempi di Gesù ci si interrogava su cosa c’era dopo la morte, se il niente o un’altra vita. E anche allora le opinioni differivano. I sadducei ad es. erano un partito religioso che negava che ci fosse un’altra vita dopo la morte. Gesù non la pensava così. E un giorno si trovarono a discutere proprio di questo argomento. Il Vangelo di questa domenica riporta uno stralcio di quella conversazione. Venne sottoposto a Gesù un caso abbastanza inverosimile, la storia di una donna che rimase vedova 7 volte perché ogni volta che moriva il marito se ne trovava un altro, che a sua volta moriva. Un caso quasi ridicolo col quale questi sadducei volevano ridicolizzare il passaggio dei morti dei morti alla vita eterna. La domanda a Gesù fu questa: se questo Paradiso c’è, questa donna in Paradiso di chi sarà moglie, visto che ha avuti ben 7 mariti? La risposta di Gesù l’abbiamo sentita, di questa risposta sottolineo 2 cose.

 

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