Intervento di don Fernando alla fiaccolata per la pace del 17 novembre

Ho una domanda per me e per tutti: innanzi al tema enorme, mondiale, complicatissimo della pace e della guerra, noi, gruppo di persone che è qui sta sera, cosa mai possiamo dire o fare? Risposta: quando c’è in ballo un bene prezioso, in questo caso il bene della pace, è sempre possibile e doveroso fare qualcosa. In tema di pace tutti possiamo pregare, tutti siam tenuti a tenere pungolati e monitorati i nostri politici, tutti possiamo e dobbiamo essere artefici di pace... nelle nostre case, nei luoghi di lavoro, nelle relazioni e nella nostra vita quotidiana.
Solo che, per essere così, dobbiamo averla dentro, la pace. È dentro di noi che la parte comincia. Scorrendo certe immagini televisive, si nota una contraddizione: tanti manifestano per la pace ma con odio, tanti fanno cortei di pace ma usando slogan non di pace. Ora, una manifestazione in cui c’è dell’odio per questa o quella parte, è una testimonianza di divisione, non di pace. Odio e pace non van d’accordo. Chi manifesta per la pace deve volere il bene di tutte le parti in causa. Ecco perché chi va a manifestare per la pace, deve innanzitutto chiedersi: com’è lo stato di salute della pace dentro di me? Il Papa ha detto che la pace nasce da un cuore nuovo. E’ esattamente così: è l’uomo che uccide, non i missili. Non è il fucile che uccide, ma il dito che preme il grilletto. Non sono le bombe che fanno stragi, ma chi le sgancia o meglio chi ha deciso quello sganciamento. Ecco perché una serata come questa è l’occasione per chiederci: la pace che sto gridando, la pace per cui sto manifestando, la pace che sto supplicando è innanzitutto dentro di me? Il grido di pace che esce dalle mie labbra affonda le radici in un cuore intriso di pace? Diversamente siamo come quelli che parlano di gioia senza gioia o parlano di speranza senza speranza o parlano di amore senza amore. L’altro giorno, parlando con alcuni della Caritas, si diceva: Attenti, si può fare la carità senza carità. Come puoi parlare di gioia col viso cupo? Come puoi parlare di pace con gli occhi carichi di odio? E’ una contro-testimonianza. Concludo: nel ringraziare chi ha promosso questa serata, mi auguro che uno degli scopi del nostro essere qui, sia il capire che finché covano in noi aggressività e rancore, è segno che abbiamo un cuore che ha bisogno di venire sanato.

don Fernando              

 

Omelia di Domenica 26 novembre 2023 - XXXIV Domenica del Tempo Ordinario, Anno A

E’ davanti a noi una delle pagine più belle del Vangelo: ci dice che la vita nostra verrà giudicata sull’attenzione che avremo avuto, o non avuto, verso le persone più bisognose. Gesù fa degli esempi molto concreti e mette in campo sette fasce di persone (è un elenco non esaustivo, ma indicativo): affamati, assetati, stranieri, ignudi, malati, carcerati, morenti. E’ da qui che la Chiesa ha ricavato le sette opere di misericordia corporale (…). Per il Vangelo chi è lontano dal povero è lontano da Dio, chi è lontano dall’ammalato è lontano da Dio, chi ignora il bisognoso ignora Dio, chi colpisce il debole offende Dio. Un antico racconto ebraico dice: se un uomo chiede il tuo aiuto, non gli dire devotamente: ‘rivolgiti a Dio, abbi fiducia, deponi in Lui la tua tribolazione’ ma agisci come se non ci fosse Dio, come se in tutto il mondo ci fosse uno solo che può aiutare quell'uomo, tu solo.

Omelia di Domenica 19 novembre 2023 - XXXIII Domenica del Tempo Ordinario, Anno A

Anche oggi, come domenica scorsa, la lettura del Vangelo ci mette davanti una parabola di Gesù.
E’ iniziata così: un uomo, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi: a uno diede 5 talenti, a un altro 2, a un altro 1, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. Dunque, nessuno venne lasciato senza talenti, come a dire: nessuno è sprovvisto di doni, di qualità, di possibilità. Dio a tutti dà, anche se non alla stessa maniera.

Omelia di Domenica 12 novembre 2023 - XXXII Domenica del Tempo Ordinario, Anno A

Il Vangelo di questa domenica ci racconta una storia, la storia di dieci ragazze, le quali, torce accese in mano, sfidano la notte per andare verso la casa di un’amica che doveva sposarsi, per poi accompagnarla alla festa di nozze. Era un’usanza dei tempi di Gesù. Mi piace vedere in queste dieci ragazze con la torcia in mano, un messaggio con cui Dio ci invita a chiederci: Io sto portando luce a qualcuno? Il mio è un vivere acceso o spento?

Omelia di Domenica 29 ottobre 2023 - XXX Domenica del Tempo Ordinario, Anno A

In quest’ultima domenica di ottobre, troviamo sulla bocca di Gesù un invito accorato: AMERAI. E’ più di un invito, è l’annuncio di un modo di vivere, è una vocazione, una missione, il cuore di ogni esistenza.
> Un antico saggio orientale disse che se lui avesse avuto per un istante l’onnipotenza di Dio, l’unico miracolo che avrebbe compiuto sarebbe stato quello di ridare alle parole il loro significato originario. Se questo saggio fosse qui davanti a me l’abbraccerei di gioia perché in questo nostro tempo sta proprio accadendo che certe parole molto importanti vengano sempre più distorte e travisate.

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