Omelia di Domenica 01 Marzo 2020 - I Domenica di Quaresima, Anno A

La mia omelia questa mattina prende le mosse da alcune righe della 1^ lettura. Rispose la donna: Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: ‘Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare.’  Mi vien da fare una battuta: Adamo voleva la mela non per il desiderio della mela, ma perché era proibita. Se non gli fosse stato detto che a quell’albero non poteva mettere mano, forse quell’albero non l’avrebbe nemmeno notato. Il gusto del proibito è un vizio antico. Ma battute a parte, le parole di Eva pongono una questione vera, quella del permesso e della proibizione.

Omelia di Domenica 23 Febbraio 2020 - VII Domenica del Tempo Ordinario, Anno A

Siate santi come io vostro Dio sono santo. E poi: Siate perfetti. Sono i 2 inviti che ci ha appena rivolto la Parola di Dio. Anche al giovane ricco Gesù disse: Se vuoi essere perfetto... Questa mattina dunque la domanda da porsi è: la Parola di Dio cosa intende per perfezione e per santità? E ancora: come ci si deve muovere per tendere alla santità? Solitamente, alla parola perfezione noi associamo l’idea di bravura, riuscita, successo. Perfetto è chi non sbaglia, è chi è bravo un po’ in tutto: nel lavoro, a scuola, nello sport, in famiglia, nelle relazioni. Invece, se interpelliamo le sacre scritture, non emerge quest’idea di perfezione. Ad esempio S. Paolo nella Bibbia dice: quando sono debole è allora che sono forte. E quindi, mentre noi associamo l’essere perfetti all’essere bravi, S.P. associa la perfezione alle debolezze umane. Per lui è perfetto non chi non sbaglia, non chi è senza difetti, non chi non fallisce, non chi non ce la fa, ma chi sa gestire bene i suoi limiti e fallimenti. Perfetto è chi gestisce bene le sue imperfezioni.

Omelia di Domenica 16 Febbraio 2020 - VI Domenica del Tempo Ordinario, Anno A

Puntualmente, ogni domenica il Signore ci offre la luce della sua Parola e a noi non resta che lasciarci illuminare. Nelle parole di Gesù appena ascoltate colgo 3 spunti di riflessione.
1) Chi si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto a giudizio. Chi poi gli dice stupido, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice pazzo, sarà destinato al fuoco della Geènna. Qui Gesù ci ricorda il peso delle parole. Le parole, soprattutto alcune, non lasciano mai le cose come sono, ma scuotono, in bene o in male. Un esempio: c’è chi, sentendosi dire ti lascio, impazzisce e chi, sentendosi dire ti amo, tocca il cielo dalla gioia. Si dice: fatti e non parole. Non è così, certe parole sono fatti, anzi sono più pese dei fatti, sono macigni.

Omelia di Domenica 9 Febbraio 2020 - V Domenica del Tempo Ordinario, Anno A

Il Vangelo di questa domenica ci mette davanti 2 definizioni di cristiano: luce del mondo e sale della terra. Sul cristiano luce del mondo mi son già intrattenuto qualche domenica fa, provo a dire qualcosa sul cristiano sale della terra. Risentiamo le parole di Gesù: voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? Mi son detto: se Gesù paragona noi cristiani a del sale, è perché ci vuole persone non insipide, ma saporose, non inodore ma profumate di Vangelo. Pensate, il Signore, nel definire il cristiano ricorre ad un ingrediente di cucina, il sale. Mi viene in mente quando entriamo in cucina verso l’ora di pranzo: non respiriamo un buon profumino? Bè, applicando questa domanda a noi, chiediamoci: cosa vuol dire avere addosso il profumo del Vangelo?  2 storielle ci aiutano a rispondere.

Omelia di Domenica 2 Febbraio 2020 - Presentazione del Signore, Anno A

Il Vangelo di questa S. Messa ci presenta un anziano (Simeone) che prende in braccio un bimbo piccolo (Gesù). M’è venuto da collegare questa scena evangelica a una foto di 2 anni fa che fa fece il giro del web, una foto che non riesco a dimenticare e che tutt’ora è dentro di me. Raffigura un bimbo piccolo non però in braccia ai genitori o ai nonni, ma che giaceva morto sulle spalle del fratellino, un ragazzino giapponese di 10 anni. La foto lo inquadrava col volto impietrito, fisso in avanti, immobile, come se non volesse disturbare il fratellino, che comunque giaceva morto sulle sue spalle. La foto è da collegare a una storia risalente al 1945 e documenta gli effetti nefasti della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki. Il Papa commentò così questa foto: uno scatto che vale più di mille parole. Ma cos’era successo?

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