Omelia di Domenica 11 ottobre 2020 - XXVIII Domenica del Tempo Ordinario, Anno A
Anche questa domenica ci consegna una parabola di Gesù. Ascoltandola, balza agli occhi la tristezza di Dio, simboleggiato dal re di cui si parla. Pensate, in quella città si sposava il figlio del re, l'erede al trono, ma nessuno intendeva andare alla festa, nessuno sembrava interessato. Quel re dunque, nel constatare che la sua sala sarebbe rimasta vuota di commensali, provò una fitta al cuore. Ma ripercorriamo il racconto.
Omelia di Domenica 4 ottobre 2020 - XXVII Domenica del Tempo Ordinario, Anno A
Due parole riassumono il Vangelo di questa domenica: portare frutto. Sono parole che ci vengono suggerite dal finale del Vangelo di questa domenica: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti. Nella simbologia della parabola la vigna è il mondo e coloro che la lavorano, noi, siamo chiamati a farla fruttificare al meglio. Per il Vangelo il mondo appartiene a chi lo rende migliore, a chi lo fa fiorire al meglio.
Carissimi,
Vi invitiamo a partecipare alle serate teologiche che si svolgeranno nei mesi di ottobre e novembre.
Vista la delicata situazione sanitaria in atto, abbiamo pensato un programma unico per tutte le sei Scuole di Formazione Teologica della Diocesi che si svolgerà contemporaneamente e, per la prima volta, anche online. I relatori saranno in contatto con tutti da remoto e non più in presenza, ma resteranno come sempre a disposizione anche per eventuali domande e/o interventi.
Il tema che vi proponiamo quest’anno, “Cos’è l’Uomo?”, ci inviterà a riflettere su cosa è l’uomo davanti a Dio, davanti a sé stesso e davanti al prossimo.
Omelia di Domenica 20 settembre 2020 - XXV Domenica del Tempo Ordinario, Anno A
Un consiglio: non facciamo leggere il Vangelo di questa domenica a qualche sindacalista perché potrebbe arrabbiarsi. E giustamente, perché da quando in qua chi lavora 1 ora prende una paga uguale a chi lavora 8 ore? Cerchiamo allora di vedere perché Gesù raccontò una parabola così. La narrazione inizia con l’ingaggio di operai da parte di un padrone. E già questo è molto strano, perché i proprietari, allora, non entravano direttamente a contatto con i lavoratori, spesso sporchi, vestiti con abiti indecenti e comunque rozzi. Mandavano un loro amministratore. Ora, se si dice invece che quella volta andò direttamente il padrone, che nella simbologia della parabola è Dio, è per mostrare la sollecitudine del Signore, padrone buono, che vuole vedere in faccia i lavoratori della sua vigna per stipulare con essi accordi buoni.
Omelia di Domenica 13 settembre 2020 - XXIV Domenica del Tempo Ordinario, Anno A
Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a 7 volte? E’ con questa domanda dell’apostolo Pietro che si apre il Vangelo di questa Messa. Notate, non si dice se il tuo nemico commette colpe contro di me, ma se un tuo fratello commette colpe contro di te. Dicendo ‘fratello’ e non ‘nemico’, il tema del brano è il perdono dell’amico e non del nemico. Il Vangelo di questa domenica ci chiede di metterci innanzi alle nostre amicizie o ai nostri familiari o alla nostra comunità e lì verificare lo stato di salute del perdono reciproco.
Omelia di Domenica 6 settembre 2020 - XXIII Domenica del Tempo Ordinario, Anno A
Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello. Così è iniziato il Vangelo di questa 1^ domenica di settembre, un inizio che mi fa venire in mente una citazione molto simile: se non interrompi il tuo amico mentre sta commettendo un errore, gli sei nemico, non amico. Per Gesù, lasciare uno nell’errore è non volergli bene. Per Gesù siamo responsabili gli uni degli altri. O se volete, siamo custodi gli uni degli altri; ognuno ha in carico l’altro; l’altro è un altro me stesso.
La mia omelia, stamattina, prende le mosse dalla 1^ lettura della Messa che contiene lo sfogo di un importante uomo di Dio, il profeta Geremia. Cito un passaggio delle sue parole: Nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo. Mi colpiscono le 2 parole fuoco ardente: indicano che in Geremia, nonostante tutto quello stava passando, non si era affatto spenta la passione amorosa per Dio. Vengono in mente le parole che il pomeriggio di Pasqua dissero i 2 discepoli di Emmaus riguardo al loro incontro con Gesù: Non ci ardeva il cuore in petto mentre ci spiegava le scritture? Vien da chiedersi: noi credenti sappiamo mostrare, come Geremia e i 2 discepoli, che Dio seduce ancora? Sappiamo mostrare che Dio sa ancora catturare i cuori? Sappiamo mostrare che Dio sa ancora intercettare i desideri più veri delle persone? Queste domande hanno poi una conseguenza: vivo la vita cristiana solo come un dovere o anche e soprattutto come slancio, passione, seduzione direbbe il nostro profeta?!